La strana irrequietezza di quando hai tutto (ma vuoi comunque di più)
Hai mai provato quella sensazione? Non è un'ansia acuta o un dolore definito. È più un ronzio di sottofondo, un'insoddisfazione sottile che si insinua nelle giornate apparentemente tranquille. È la noia esistenziale di volere "di più".
La cosa strana è che questo sentimento non arriva nei momenti di crisi. Anzi, bussa alla porta proprio quando, in teoria, dovrebbe andare tutto bene. Hai raggiunto una certa stabilità, il caos che un tempo definiva la tua vita si è calmato e il tuo corpo non è più in costante stato di allerta. Eppure, proprio lì, nella calma piatta della routine, emerge un'irrequietezza. Un desiderio di qualcosa che non riesci nemmeno a definire.
Questa fame interiore è difficile da saziare. Non si placa con il prossimo traguardo raggiunto, con il nuovo acquisto o con un grande gesto di cambiamento. Anzi, spesso queste cose peggiorano la situazione, lasciando un senso di vuoto ancora più marcato subito dopo la breve euforia.
E i social media? Sono come benzina sul fuoco. Ci mostrano una sfilata infinita di vite apparentemente perfette, di emozioni intense e di appartenenza, convincendoci che la soluzione sia diventare più produttivi, più visibili, più "ottimizzati". Ma ogni scroll non fa che acuire la sensazione di mancanza, trasformando l'ispirazione in un confronto estenuante.
Se provi questa sensazione, non sei sbagliata o ingrata. Stai semplicemente vivendo nel XXI secolo. Un tempo, il senso della vita era, per così dire, "fornito di serie". La comunità, la famiglia, le tradizioni offrivano una mappa, un percorso da seguire. Oggi siamo più liberi che mai, ma quella mappa dobbiamo disegnarcela da soli e a volte ci si sente persi di fronte a un foglio bianco.
Questo "vuoto esistenziale", come lo definiva lo psicologo Viktor Frankl, non nasce dalle difficoltà, ma dall'assenza di uno scopo chiaro proprio quando si raggiungono il comfort e la sicurezza. È l'ombra che si allunga dietro il successo.
E se questa irrequietezza non fosse un problema da risolvere, ma un segnale da ascoltare? Se fosse un invito a riconsiderare cosa significhi davvero volere "di più"?
Siamo abituati a pensare che "di più" significhi un'espansione verso l'esterno: più soldi, più viaggi, più esperienze, più intensità. Ma se la risposta fosse nella direzione opposta? Se si trattasse di una "contrazione" verso l'interno, verso una maggiore presenza e profondità?
Significa trovare la meraviglia non in eventi eccezionali, ma nella trama ordinaria della vita. Nel modo in cui la luce del mattino colpisce una tazza, nel sapore del primo caffè, nel silenzio che si crea dopo una lunga giornata. Come scriveva Virginia Woolf, il significato spesso non si trova in grandi epifanie, ma è nascosto nel tessuto dell'esperienza quotidiana.
Questo non vuol dire ignorare il desiderio o la noia. Al contrario, significa onorarli. Riconoscere che questa sensazione non è un difetto, ma un segno di vitalità. È un invito a esplorare il tuo mondo interiore, spesso trascurato nella corsa al successo esteriore.
Accogliere questo invito significa resistere all'impulso di distrarsi o di "aggiustarsi" subito. Richiede pazienza e il coraggio di stare con sensazioni scomode o apparentemente improduttive. Paradossalmente, è proprio quando smettiamo di considerare la noia un problema da eliminare e le permettiamo semplicemente di esistere, che possono emergere nuovi significati.
In definitiva, questa irrequietezza non riguarda tanto ciò che ti manca, ma ciò che non hai ancora imparato ad apprezzare pienamente. Non è un fallimento; è il battito del cuore umano che, sotto la calma apparente, ti ricorda che essere vivi significa desiderare, esplorare e sentire profondamente, anche quando non ci sono risposte facili.
Stefania
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