Quello che sei quando nessuno ti guarda

 
Oggi, nel mondo della crescita personale, si parla moltissimo di "valori". Ne parlano coach, formatori, influencer del benessere emotivo. Spesso ci viene chiesto di elencarli, definirli, trovarne 3-5 che ci rappresentino. Come fossero delle parole chiave da stampare sulla bio di Instagram o da scrivere sul diario per non perdersi.

Ma... cosa sono davvero questi valori?


I modelli teorici: una bussola, non una mappa

Nel panorama psicologico, ci sono diverse teorie che cercano di definire i valori. Tra le più note, troviamo:

La teoria dei valori di Schwartz: individua dieci famiglie di valori universali (come sicurezza, autonomia, tradizione, successo, benevolenza...) che si distribuiscono in base al loro orientamento verso il cambiamento o la stabilità, il sé o gli altri. È un modello molto usato perché mostra come certi valori possano anche entrare in conflitto tra loro (es: libertà vs. conformismo).

La logoterapia di Viktor Frankl: qui i valori sono una via per trovare un senso alla propria esistenza, specialmente nei momenti difficili. Non sono astratti, ma emergono nella vita vissuta, attraverso le scelte, le relazioni, la sofferenza stessa.

La terapia dell'accettazione e dell’impegno (ACT): considera i valori come direzioni, non come mete. Non sono obiettivi da raggiungere, ma linee guida che ci indicano “come vogliamo stare al mondo”, anche quando è faticoso.

Tutti questi modelli hanno un punto in comune: i valori non sono definizioni scritte, ma esperienze incarnate. Non si “trovano” una volta per tutte, ma si esplorano, si chiariscono nel tempo, spesso facendo errori, sbagliando strada, tornando indietro.

Un errore comune, nella ricerca dei propri valori, è confonderli con aspirazioni idealizzate ("voglio essere sempre giusto", "voglio aiutare tutti", "voglio essere libero") o con auto-narrazioni costruite ("sono una persona che lotta per la verità").

Ma spesso questi “valori” sono maschere. Possono diventare gabbie. O, peggio, etichette morali da esibire, piuttosto che strade da percorrere con fatica.

C’è anche il rischio che diventino condizionamenti sociali travestiti da libertà: scegliamo “valori” che piacciono agli altri, che ci fanno apparire giusti, etici, coerenti… ma che in realtà non partono da dentro. Sono performance, non radici.

Ecco perché trovo profondamente vera e terapeutica la riflessione che dice:

"Forse è proprio questo il lavoro: non definire perfettamente i propri valori, ma viverli goffamente. Lasciarli evolvere man mano che si cresce. Rischiare di sbagliare e restare comunque nella conversazione."

In terapia, spesso assisto a qualcosa di semplice ma potente: una persona che, a poco a poco, si comporta in modo coerente con ciò che sente giusto, anche senza averlo ancora ben definito. Magari fa un gesto di gentilezza non previsto. Dice una verità scomoda con tremore. Chiede scusa. Si ferma ad ascoltare.

Sono momenti in cui il valore emerge. Non è una parola, ma una presenza.

Viviamo in un’epoca in cui è facile “apparire etici”, più che esserlo. Si possono scrivere post giusti, schierarsi, parlare dei propri valori con convinzione. Ma come ci comportiamo quando nessuno ci guarda? Come si sentono gli altri accanto a noi?

Il vero valore, forse, non è ciò che diciamo di essere, ma ciò che gli altri sentono nella nostra presenza: sicurezza, onestà, cura, ascolto. Non serve etichettarlo. Si percepisce.

E spesso è vissuto in modo imperfetto, incerto, contraddittorio. Ma reale.

Per approfondire: Come cambiamenti quotidiani possono trasformare la tua vita: la mia esperienza come terapeuta


Risorse utili:

Puoi scaricare qui l'ebook gratuito "Percorsi di consapevolezza"


Stefania

Come ti aiuto: tutti i dettagli QUI.

Per info: scasadei154@gmail.com


--

Commenti

Post popolari in questo blog

La trappola mentale del rimuginio: come uscirne

Ciò che ho imparato: la verità del cambiamento tra aspettative e realtà

La maschera del benessere: quando la ricerca di serenità diventa una fuga